Coronavirus, abbigliamento in ginocchio: “rischiamo di fallire, servono aiuti urgenti”

A Radio Terraferma Da Sogno intervista a Giannino Gabriel presidente di Federmoda-Confcommercio di Venezia e del Veneto. Il settore dei negozi di abbigliamento rischia di collassare se non arriveranno interventi urgenti da parte del Governo: “l’economia potrebbe presto crollare”

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“A fronte di una situazione da fatturato zero e costi fissi costanti, i nostri dettaglianti non hanno la forza o i forzieri finanziari delle grandi marche, della grande distribuzione e delle multinazionali degli outlet, ma sono parte delle nostre città e della nostra economia: ignorarli significa decidere chi deve vivere e chi no dopo questa emergenza sanitaria. Stiamo pagando un prezzo altissimo: infatti, i negozi di abbigliamento, calzature ed accessori ordinano all’industria, un anno prima, i capi da vendere;  quelli per la campagna vendite primavera-estate 2020 sono stati consegnati fra Gennaio e Febbraio e bisogna pagarli con scadenze Marzo- Aprile-Maggio. Dove troviamo i soldi  se ci è stata imposta la chiusura e non incassiamo nulla? Il Governo deve sollevarci, con un atto politico come una  legge speciale, dai vincoli  verso i fornitori; ci deve aiutare, perché queste merci le potremmo semmai svendere, chissà quando e se ci riusciamo. Se la situazione perdura  per diversi  mesi, mica possiamo vendere le merci estive nel prossimo inverno. Voglio assicurare i colleghi, che in questi giorni vivono  preoccupazione e sconforto, che la nostra Federazione sta impegnandosi, perché siano accolte le richieste di misure specifiche e straordinarie, che consentano di sospendere o almeno rinegoziare i contratti di locazione degli immobili e quelli con i fornitori dei capi, oltre alle obbligazioni legate ad utenze e adempimenti amministrativi. Si tratta di interventi legislativi senza precedenti– Sono misure che necessitano, in alcuni casi, stante la vigenza in materia di principi di diritto comunitario, di ricevere il nullaosta da parte dell’Unione Europea e, per quanto concerne molti contratti con fornitori stranieri, di eccezioni allo stesso diritto internazionale privato: obbiettivi tutt’altro che semplici e scontati. Tuttavia riteniamo, insieme a Confcommercio, di dover tentare tutto il possibile presso le autorità preposte per conseguire i risultati necessari ad evitare l’estinzione di una parte vitale delle nostre città con 114.813 punti vendita e 313.000 addetti”.