Il mondo scomparso di Porto Marghera: intervista a Gilda Zazzara

A Radio Terraferma Da Sogno Gilda Zazzara, ricercatrice di Ca’ Foscari, racconta il suo radio-documentario, in onda su Radio3 Rai:  “Venezia non è solo una città d’arte. Venezia è anche il suo porto, Porto Marghera”.

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IL PROGETTO – “Si tratta di uno dei risultati di un progetto di ricerca più ampio, ho sempre lavorato come storica con le fonti orali. Sono delle bussole per un percorso turistico in un’altra Venezia. E’ uno spazio reale, fisicamente sconcertante rispetto alla città che l’ha concepito. Si tratta di una dimensione intangibile che ha ancora moltissimo da dire e che abbiamo il bisogno di rielaborare per andare oltre un’unica narrazione che vuole Porto Marghera solo come un errore ed un trauma ambientale. Tutto vero ma le storie di Porto Marghera sono molte di più tenendo conto della trasformazione e metamorfosi che va avanti da oltre 50 anni. Il secondo tempo di Porto Marghera non è stato affrontato perché sull’area pesa un’unica narrazione, un unico stereotipo. Ci sono le memorie delle generazioni operaie espulse dalle fabbriche, la storia di queste uscite è meno schematica e lineare”.

FRUSTRAZIONI OPERAIE – “Nel mio viaggio sono stata sempre accompagnata da uno o più “Virgilio”, come gli ex lavoratori della Porto Marghera che non c’è più. Nella loro osservazione sul campo di rovine e di trasformazione, riportano la memoria di un mondo scomparso. Ho anche cercato di lasciarmi sorprendere dagli incontri che si possono fare oggi a Porto Marghera, non è un luogo densamente affollato. Ci sono i nuovi portuali che si possono incontrare, ci sono i turisti del campeggio di Fusina. Ho conosciuto Marino che ha vissuto una delle ultime chiusure del ciclo dell’alluminio, è un ex lavoratore che esemplifica la frustrazione e l’amarezza di quelle generazioni operaie espulse e ritengono che la storia potesse andare diversamente, hanno combattuto per una riconversione industriale che le coinvolgesse. Gli strumenti di welfare hanno addolcito la loro condizione ma l’amarezza è rimasta tutta: migliaia di uomini nel pieno delle forze sono andati in pensione a 50 anni. Un esodo non riconosciuto, una classe operaia criminalizzata come tutta compattamente colpevole di crimini ambientali. Una frase di Marino vorrei citare in particolare: “Ricordatevi che quando chiude una fabbrica arrivano tre cose: topi, gabbiani e container”.

LA MARGHERA DEL FUTURO – “Si tratta di un’area che non può essere fatta rimangiare dalle acque, i conti con questo luogo li dobbiamo fare. Da storica posso dire che qualunque futuro può essere migliore e lucido solo se non si getta uno strato di malta sul passato. C’è un problema di eleborazione che in tante regioni d’Europa hanno risolto. Chiederei attenzione a quello che si demolisce ed a quello che si lascia andare in rovina dell’archeologia industriale di Porto Marghera. Bisogna stare attenti alle memorie che in tutta la città metropolitana hanno legami con quel tipo di luogo”.